Un chiostro… un’immagine di fraticelli in meditazione e di breviari sfogliati in ore antelucane. La sensazione è un’ondata di pace e serenità. Venezia: una città di canali, ponti, chiese e monasteri in cui andremo a curiosare, in un itinerario a ritroso nel tempo, attraverso i chiostri dei conventi di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Sant'Apollonia, San Francesco della Vigna e San Giorgio in Isola.
1° tappa: (1h) La chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, iniziata a metà del 1200 e terminata cent’anni dopo, è una delle più importanti chiese cittadine costruita in laterizio, pietra d’Istria e splendide decorazioni in cotto nello stile tipico del gotico lagunare.
Grandiosa fabbrica che occupa una vasta area comprendente il convento con due chiostri ed una articolata costruzione sede di quell’ eccezionale Archivio in cui è conservata tutta la storia di Venezia.La nascita della chiesa è legata a quel movimento monastico che iniziò nella prima metà del 1200 e che per breve tempo vide nella nostra laguna S.Francesco d’Assisi. Frari significa Frati in Veneziano. Sotto la spinta di questa presenza molti furono i frati minori ad arrivare nel Veneto e a Venezia. Vivevano dedicandosi a ricopiare e a rilegare i codici in cambio di sostentamento. Dormivano sotto i portici di S. Silvestro, S.Lorenzo e San Marco o ricevevano alloggio dai devoti, finchè ebbero un terreno donato dal Governo su cui iniziarono a costruire il convento ed il loro cimitero. Dovettero fare opere di bonifica essendo stata questa zona paludosa e bassa con un vasto stagno chiamato “lago Badoer”.
Divenne uno dei tre centri francescani in città insieme a San Francesco del Deserto e San Francesco della Vigna ed, in seguito, i campanili di dette chiese furono designati dal Governo a dare segno di campana quando si doveva radunare il Maggior Consiglio. La loro importanza crebbe nel tempo ospitando “Scuole” e arricchendosi di sontuose cappelle e tombe dogali. Il modello dell’edificio conventuale dei francescani poteva essere il monastero cistercense: un quadrilatero con al centro un chiostro da cui si accedeva ad aree di servizio comuni quali cucine, refettorio, officine, laboratorio etc.
Nello specifico dei ”Frari” furono costruiti due chiostri: uno “esterno” detto anche della Trinità o “dei Morti “ in quanto vi erano sepolture ed era accessibile dall’esterno. Accanto ad esso c’erano dei locali riservati al noviziato in cui trascorrevano un anno di prova ragazzi tra i 15 e i 16 anni: molti documenti testimoniano di offerte, anche cospicue, che i parrocchiani elargivano per questi “fratonzelli novissi”.
Il chiostro ”interno” invece era dedicato a S. Antonio e attorno ad esso, nel 1700, vennero allestiti laboratori zincografici del cosmografo della Repubblica: padre Coronelli. Confinava con un appezzamento di terreno dove i frati coltivavano ortaggi, alberi da frutto, erbe odorose ed officinali che servivano per l’ erboristeria e la spezieria del convento. Vi erano molte piante di rose e una famosa vigna suppliva al fabbisogno dei frati. Nel corso del 400 e del 500, durante i lavori di restauro anche i chiostri subirono delle trasformazioni con colonne ed archi a tutto sesto sorreggenti una terrazza balaustrata con statue, quasi sicuramente su progetto di Andrea Palladio che, nello stesso periodo, si occupava della costruzione dei Conventi e dei Chiostri di S. Giorgio Maggiore e del Redentore. I due chiostri vennero forniti di pozzi posti al centro, la cui acqua, oltre che per il convento veniva attinta dalla gente del quartiere soprattutto in caso di necessità.
La chiesa è ovviamente degna di rilievo per altre bellezze oltre ai chiostri, il mausoleo di Canova e la tomba di Tiziano, la pala d'altare del Carpaccio solo per citare i principali.
2° tappa: (1h 30') Dai Frari passiamo per Rialto e arriviamo a San Marco aggiriamo la Basilica sulla sinistra e arriviamo al Ponte della Canonica da cui si gode una splendida inquadratura del Ponte dei Sospiri e della facciata di S. Giorgio, che si staglia tra l'acqua e l'arco del Ponte, qui troviamo l'accesso al Chiostro di S.Apollonia.
Una targa all'ingresso recita:"Conoscete voi il Chiostro di S.Apollonia? E'un chiostro di pietra vero, con le sue colonnette e con il suo pozzo...un piccolo chiostro segreto, aperto su un ordine di colonne assottigliate e accoppiate come le monache quando passeggiano digiune al sole..."(da:"Il Fuoco" di G.D'Annunzio").
Il chiostro fa parte del complesso di un ex convento benedettino fondato tra il XII e il XIV secolo. L'intera costruzione venne posta sotto la giurisdizione del Primicerio di S.Marco, che qui risiedeva.
Deterioratosi con l'andare dei secoli, fu riscattato dalla Procuratoria di S.Marco (1964) e in seguito, restaurato.
E' ora sede del Lapidario Marciano e del Museo Diocesano di Arte Sacra, quest'ultimo recentemente restaurato e restituito come spazio museale alla citta'. Il chiostro, i cui archi su colonnine binate di piccole dimensioni sono realizzati in cotto, rimandano all’architettura del Duomo di S. Donato e del Martyrium di S. Fosca a Torcello. La loro singolare fattura segna il momento di passaggio dallo stile esarcale a quello romanico nella laguna veneta.
Al centro trovasi una vera da pozzo del XIII sec., poggiante su un pavimento in cotto a spina di pesce, uno dei rari esempi di pavimentazione antica veneziana. Alle pareti, una raccolta di frammenti decorativi di provenienza romana e bizantina o di fattura veneto bizantina (IX-XI sec.) provenienti dalla Basilica di S. Marco.
Interessanti sono i capitelli corinzi, le patere con il bestiario, le cornici riportanti elementi vegetali, animali e geometrici nella particolare fattura bizantina detta "a fettuccia".
Con gli ultimi rifacimenti, questro chiostro, entra a far parte del Museo Diocesano. Nuovo spazio museale in cui vengono allestite importanti esposizioni d’ arte sacra.Interessantissima la prima Mostra sul Tintoretto e il ciclo di Santa Caterina)
3° tappa: (1h) Lasciando il chiostro di S. Apollonia ci dirigiamo verso San Zaccaria e poi ci inoltriamo verso Castello, il quartiere piu' popoloso e vissuto di Venezia, che ancora oggi conserva il suo folklore tipico e giungiamo in Campo di San Francesco della Vigna, dove resteremo quasi sovrastati dalla imponente e ordinata facciata rinascimentale della chiesa ideata dal Palladio.
La sua importanza è data dal fatto che qui trovarono sepoltura diversi Dogi, le cui cappelle sono arricchite dalle opere di insigni artisti tra i quali: Pietro Lombardo, Paolo Veronese, Palma il Giovane e G. Battista Tiepolo.
Il luogo in cui sorgono ora, la chiesa e i chiostri, precedentemente era tenuto a vigna (ancor oggi i frati mantengono vigne e orto un vero giardino botanico storico con affaccio sulla laguna nord), a grandi depositi di legnami, a ”bersaglio dove ci si esercitava al tiro dell’arco” e una “cavallerizza”, maneggio per nobili veneziani che poteva ospitare fino a 70 cavalli. Nel 1253, questo terreno venne donato ai frati minori di S.Francesco, dal figlio del doge Pietro Ziani.
Nel 1534, il doge Andrea Gritti pose la prima pietra della nuova chiesa di S. Francesco, per riaffermare la propria intenzione ad attuare un programma di valorizzazione edilizia in quella zona di Castello dove nelle vicinanze si trovava il grandioso Arsenale, ed era quindi un’area densamente abitata e bisognosa di una grande chiesa.
Al suo interno non si può tralasciare di ammirare la Pala d’altare di Giovanni da Negroponte e la Sacra Conversazione Dolfin (1507) di Giovanni Bellini, che si trova nella piccola Cappella antistante il Chiostro Maggiore. Le fabbriche del monastero si pongono tra la chiesa e la laguna, in cui si affaccia un chiostro di clausura trasformato in giardino ed orto e rappresentano uno dei più interessanti esempi di architettura gotica trecentesca.
I chiostri che formano il complesso, oltre a quello di clausura sono due consecutivi di cui uno, quello più grande, è con accesso diretto al campo esterno in quanto aveva funzione cimiteriale data la presenza di numerose pietre tombali appartenenti a nobili famiglie veneziane quali: Contarini, Zorzi, Correr, Gradenigo solo per citarne alcuni, e a personaggi che si sono distinti.
I porticati sono costituiti da una serie di arcate in laterizio a vista poggianti su agili colonne di pietra il cui semplice capitello è sormontato da una sorta di basso pulvino. Sulle arcate si leva il piano dei dormitori il cui sistema distributivo a celle appare dalla serie continua di piccole finestre fra loro equidistanti.
Di questa chiesa, ci piace ricordare la leggenda secondo cui trovò rifugio in una notte di tempesta l’Evangelista Marco e che ebbe la visione di un angelo che lo salutò con queste parole: ”Pax tibi Marce evangelista meus”. Parole che divennero poi il motto della Repubblica Veneziana e che si trovano scolpite sul Vangelo che il leone tiene tra i suoi artigli.
Attualmente questi chiostri hanno ancora una funzione molto importante, in quanto sono utilizzati per installazioni d’Arte e come sedi espositive della Biennale di Venezia. In queste strutture così raccolte e ricche di storia si svolgono, nelle sere estive, dei concerti di musica classica in un’atmosfera di grande poesia e suggestione, o semplicemnete ci si puo' riposare leggendo un libro portetti dalle arcate nelle giorante di calura estiva accarezzati dal vento della laguna nord...
4° tappa: (1h) Approdiamo infine all’Isola di San Giorgio Maggiore, chiamata così per distinguerla da un’altra isola della laguna: San Giorgio in Alga, conosciuta in principio come “l’isola dei cipressi”. Qui vi erano nel lontano passato orti, vigneti, una salina, un mulino e una primitiva chiesa, costruita nel 790, dedicata a San Giorgio e che le diede il nome.
Nel corso della sua storia San Giorgio Maggiore ha rappresentato per Venezia uno dei centri più vivi e più prestigiosi grazie alla presenza dei monaci benedettini, accolti a partire dal X secolo e che trasformarono l’isola da luogo di pescatori a centro di fermenti spirituali, attività culturali ed artistiche e a luogo memorabile di incontri come quello di Federico Barbarossa con il Pontefice Alessandro III nel 1177 e alla riunione del Conclave del 1800 che elesse pontefice Pio VII.
Gli edifici monumentali e le opere d’arte che l’isola accoglie sono testimoni dell’opera dei più grandi maestri che si sono succeduti nel corso del tempo, fra cui le opere del Tintoretto “L’Ultima Cena” e “La Caduta della Manna” e del Veronese “Le Nozze di Cana” trafugata da Napoleone e conservata a tutt’oggi nel museo del Louvre.
L’isola e il monastero furono soggetti a grandi rifacimenti nel periodo rinascimentale; dei Buora sono l’edificio dove era il dormitorio e l’impianto architettonico del chiostro, un tempo detto degli “Allori”, mirabile esempio dell’architettura rinascimentale fedele alle norme classiche, con le sue colonne collegate da arcate regolari sormontate da finestre quadre appaiate (corrispondono alle celle del dormitorio), da belle bifore distanziate e dalle grandi monofore della Biblioteca di Baldassarre Longhena. Su questo chiostro si affaccia la Sala Capitolare.
Negli stessi anni fu definito un progetto di rinnovamento del complesso monastico che venne affidato alla grande perizia di Andrea Palladio. L’architetto veneto portò la chiesa sul bacino di fronte al palazzo dei Dogi in modo da essere ammirata in tutta la sua magnificenza dalla Piazzetta di San Marco e dalla Riva degli Schiavoni. Con l’arrivo del Palladio si rompe la tradizionale fedeltà alle forme gotiche e si viene a creare un classicismo assolutamente nuovo che si coglie interamente nella bianca nudità delle strutture interne della chiesa e del chiostro, chiamato dei ”Cipressi”.
Concepito come un quadrilatero ad arcate giganti su colonne ioniche binate. Tra questo e il successivo chiostro si apre il monumentale ingresso del refettorio modellato dal Palladio in modo eccezionale. Sul chiostro palladiano si apre lo scalone d’onore, realizzato a metà del seicento da B.Longhena nell’ambito del rifacimento della biblioteca del Michelozzo bruciata in un incendio.
L’intera struttura è apprezzabile dall’alto del campanile, da cui si gode uno dei panorami più belli della città, spaziando fino alle isole della laguna nord e sud. Il grandioso complesso nel 1951, dopo secoli di decadenza, divenne la Fondazione Cini che nacque con lo scopo di ridare all’isola e all’intero convento, le vestigia di un tempo, tanto che San Giorgio Maggiore riprese vigore a tal punto da diventare un riferimento importante per le attività culturali internazionali di altissimo livello.
Il rinnovamento e ammodernamento dell’isola continua anche ai nostri giorni con un sapiente progetto di recupero ,che interessa l’affascinante Teatro Verde circondato dall'isola e dall'acqua del bacino di San Marco. Questo luogo sarà in tempi brevi riaperto con nuovi spazi museali, laboratori e sale per la ristorazione (ci sarà anche un bar con tavolini da cui si godrà della vista piu' bella in città), che diventeranno ancor più, punto di riferimento nello sviluppo culturale di qualità a Venezia.